Da giovane studente incontrai Pier Paolo Pasolini a Carrara, in occasione dei Colloqui cinematografici del 1970. Era venuto per presentare il film Porcile. Gli feci una domanda in merito al film, ed egli mi rispose cortese con una voce esile. Non si sottrasse a domande provocatorie, che in quegli anni non risparmiavano nessuno, mostrando freddezza e determinazione.
Allora lo ammiravo per i suoi romanzi e i film, conoscendo ben poco della complessità di un artista che solo con il tempo avrei scoperto. Purtroppo, fu ucciso cinque anni dopo quella fugace sosta nella mia città. I suoi scritti, sul Corriere della sera, sulla situazione dell’Italia degli anni sessanta e settanta, sono ancora oggi attuali e penetranti, i suoi romanzi pugni nello stomaco per il loro crudo realismo, le sue poesie preveggenti ed impietose. Alcuni dei suoi film, come Accattone, Mamma Roma, Medea, Vangelo Secondo Matteo, Uccellacci e uccellini e il Decamerone, sono capolavori del cinema italiano e mondiale.
In occasione del centenario dalla sua nascita, la Galleria d’Arte Moderna di Roma dedica all’eclettico Pasolini una mostra dedicata ai suoi disegni e dipinti. La serietà dell’intento è dimostrata dalla quantità delle opere esposte, suddivise in sezioni, che contemplano anche dipinti di grandi artisti che lo hanno influenzato, come Carrà, De Pisis, Morandi, Scipione. Ma la quantità dei disegni e dipinti del grande poeta è il fulcro fondamentale dell’esposizione. Il materiale è stato concesso dal Gabinetto Scientifico Letterario fiorentino G.P Vieusseax, dal Centro Studi Pasoliniani di Casarza, dalla Cineteca di Bologna e dalla Famiglia, naturalmente.
Quale era il rapporto con L’Arte di un intellettuale così completo? Sicuramente un grande amore, che si può verificare visionando alcune scene dei suoi film. Basterebbe ricordare la celebre morte di un poveraccio, che interpretava uno dei ladroni sulla croce, a causa di una indigestione di ricotta. La citazione della Deposizione di Rosso Fiorentino è palese.
Pier Paolo Pasolini era soprattutto un ritrattista, ancorato ad uno stile che oscillava tra la Scuola Romana di Scipione e Mafai, i tentativi materici e quasi espressionistici di Corrente, un evidente amore per Guttuso. Non è stato un rivoluzionario, come lo è stato in qualità di regista quando ha creato pellicole di non facile comprensione (tanto sono astratte) come Teorema e Porcile. Ma i suoi lavori hanno una innegabile qualità: non mascherano la loro appartenenza spirituale ad artisti fondamentali, soprattutto nazionali. Sembra non aver voluto sperimentare, ma semplicemente utilizzare mezzi sicuri senza compiacenza, probabilmente perché provava un reale rilassamento mentale nel disegnare e dipingere. E’ l’insieme delle sue multiple passioni creative a fare di lui una delle figure più importanti del nostro Novecento.
Alla Galleria d’Arte Moderna di Roma
Aperta fino al 16 aprile 2023