Mario Brozzi si racconta…
Intervista a cura della giornalista pubblicista Ilaria Solazzo.
Mario Brozzi, una vita dedicata agli altri, alla medicina e allo sport: l’ex medico ufficiale della AS Roma Calcio ha scritto anche un libro, nel quale racconta aspetti certamente meno noti e più dolorosi del suo percorso.
Il volume si chiama “I se della mia vita” e in copertina ha un’immagine che rimanda al Mario più noto: la foto, infatti, mostra Brozzi che abbraccia Francesco Totti. Nel libro si racconta una storia particolare che accenna anche ai diversi ruoli ricoperti nella propria vita dall’autore ma privilegia in particolare l’esperienza della paternità, la più difficile sul piano personale.
Il libro ha tratti drammaticamente autobiografici, in particolare nei capitoli in cui si riferisce a vicende personali e familiari che lo hanno segnato e lo hanno aiutato a capire meglio la vita e a gestire quei momenti nei quali siamo chiamati a scelte che possono essere decisive per il futuro nostro e di chi amiamo di più. Abbiamo potuto scambiare alcune impressioni con l’autore.
Quando hai sentito nascere in te l’amore verso la scrittura?
Di certo non in giovane età, quando la scuola era per me una patologia difficile da curare; diciamo che questo interesse è cresciuto in me parallelamente alla mia fede: due aspetti che sono riflessi entrambi nella serie di accadimenti che si sono susseguiti nel corso della mia vita e che mi hanno fatto avvicinare e comprendere quanto importante fosse il termine “altruismo”. Una parola alla quale ci avviciniamo sempre nella difficoltà propria, assai di rado in quella degli altri.
Quando hai deciso di mettere su carta parte della tua vita professionale?
Questa scelta ha coinciso con un momento difficile, un “problema” che ha coinvolto la mia famiglia e in particolare mia figlia Valeria, la “grande” e non solo in riferimento all’età, ma in tutti i sensi. Fino a quel moment, tutto era andato bene e quella vicenda arrivò all’improvviso. Almeno per me che dedicavo scarso tempo alla famiglia. La povertà, specialmente vissuta in età infantile, rischia di diventare una morsa dalla quale si fa fatica a sottrarsi. È stato così per me, da bambino, figlio di una famiglia operaia in un quartiere di professionisti: eravamo diversi, insomma. Non fu facile affrancarmi da quella schiavitù; ricordo le tante mortificazioni subite e una in particolare. Ogni volta che mia madre si recava a parlare con i professori le dicevano: “signora mica vorrà il figlio dottore, siete operai e lui sarà lo stesso”. Mi sono ribellato a questo, ho cercato di non trasmettere, insieme ai miei geni, anche questa profezia alle mie figlie: per questo mi sono applicato con tutto me stesso, giungendo a conquistare la laurea e oltre.
Dalla mia avevo i sogni, questi miracolosi architetti, capaci di progettare la costruzione della nostra esistenza. Per me ne edificarono uno in technicolor: il dottor Brozzi, medico nel mio quartiere, lì i miei genitori erano sempre stati bistrattati. E poi medico della squadra sportiva della Roma. Erano talmente da sogno che lottai con le unghie ed i denti per conquistarli. Divenni medico della zona nel 1990, e del team nel 2000, cadendo così nel tranello tesomi dalla sorte: l’amore per il successo.
Un veleno a lento assorbimento che doniamo a chi ci ama trascurandolo, giorno dopo giorno, anteponendo sempre il nostro impegno lavorativo. Come tanti ho pensato che dando alle mie figlie l’agio che io non avevo avuto, loro sarebbero state orgogliose di me. Mi sbagliavo, e non immaginate quanto. Del resto, i figli non si acquistano, si conquistano.
Scusate la prolissità della risposta, ma spero nella vostra comprensione.
Insieme alla mia famiglia sconfiggemmo il demone peggiore, quello che divora da dentro i nostri figli, creato da noi stessi genitori, e vorrei fare qualcosa affinché gli altri dopo di me non facessero i miei stessi errori, peraltro non sempre a lieto fine come per me.
Quanto hai impiegato a scrivere ‘I se della mia vita?’
Per la trascrizione del mio cuore ci sono voluti tre anni. La cosa più bella è che la parte finale è scritta a quattro mani e due cuori, insieme proprio a Valeria, la mia “grande” figlia.
Puoi svelarci cosa ci cela dietro a questo titolo?
Sono state tante le insidie nella mia vita, quei crocevia nei quali non sai se andare a destra o a sinistra. Più di una volta mi sono trovato a dover scegliere, e non era affatto facile. Si trattava più di una volta di dover scegliere tra: opportunità ed opportunismo. Mi spiego: non sempre la giusta via è quella che si spalanca davanti a noi, bensì quella più stretta ed a tratti in salita ed angusta, quella “porta stretta “che nel Vangelo perfino Gesù consiglia.
La fortuna mi ha baciato tanto da condurmi fin qui, e chissà ancora dove. Oggi che la maturazione dentro di me è a buon punto, posso dire che non si è trattato affatto di fortuna, né tantomeno di furbizia. Tante volte mi sono interrogato sui tanti se della mia esistenza: se avessi vinto il concorso di assistente medico a San Giovanni, se non mi fosse stata negata la mutua fuori Roma, se non avessi scelto medicina dello sport quale specializzazione, se non avessi incontrato Maurizio Alicicco. Quanti se…Ma dalla loro analisi ho compreso il filo che li lega tutti: l’amore.
Lui è stato il solo consigliere della mia vita; a lui mi sono ispirato ogni volta che mi sono trovato a dover scegliere da quale parte andare e non mi ha mai tradito.
La nostra vera e unica fortuna è incontrarlo ed ospitarlo nel nostro cuore, al resto ci pensa lui, unitamente a Colui che ce lo ha donato.
A quali scrittori ti ispiri quando inizi a confezionare un nuovo progetto editoriale?
Non lo so, mia cara Ilaria, e ciò non è legato al mio essere umile, ma solo che da medico mi sono intrattenuto più sui testi scientifici che quelli letterari.
Diciamo che le mie fonti sono stati i pazienti. Ogni medico, infatti, se lo è nella sua interezza e sostanza, vive un’infinità di vite, rappresentate da quelle alle quali assiste. Io ne ho incontrate talmente tante che quelle storie mi hanno invaso il cuore prima e la mente poi, tanto da intrecciarsi tra loro nella creazione dei personaggi.
Se tu dovessi riassumere il tuo libro usando tre aggettivi quali sarebbero e perché?
Nessun aggettivo, solo un verbo:
Amare!
Se tu potessi fare un regalo all’umanità per cosa opteresti?
Se fossi un uomo ricco, ma povero d’amore, le donerei parte del mio danaro, ma se lo fossi in tutto – amore compreso- donerei me stesso, donerei a lei il mio tempo.
Cosa bolle in pentola attualmente?
Un romanzo: “La profezia del terzo esercito”. Vorrei dire di più, ma per ora basta questo.