Quando, nel 2016, fu assegnato a Bob Dylan il Premio Nobel per la Letteratura, in pochi
compresero che la cultura era entrata nel secondo millennio. Nel Novecento sarebbe
stato impensabile elevare al massimo livello un cantautore! La critica si divise, al punto
che l’artista (come ama egli definirsi) lasciò passare molto tempo prima di andare a
ritirare quel prezioso riconoscimento. Nel 1997, analogo fango era stato lanciato contro
un altro premio Nobel: Dario Fo! Fu ritenuto colpevole di non essere stato un
drammaturgo d’avanguardia ma solo un creatore ed interprete del teatro di satira sociale
e politica.

Tra i due intellettuali le affinità non finiscono lì: il Nobel italiano è stato un
ottimo disegnatore e pittore, mentre Dylan lo è ancora. Per dimostrarlo, il MAXXI ha
voluto dedicare una mostra al poeta della canzone, geniale simbolo dell’America della
protesta e del riscatto morale. E’ da decenni il fascinoso creatore di ballate
indimenticabili, in cui musica e testo si fondono e creano riflessione e piacere. A lui si
sono ispirati anche alcuni dei nostri più importanti cantautori. Se ricordare “l’Infinito” di
Leopardi genera in noi malinconia e speranza, le prime note di “Blowin’ in the wind” ci
portano sul teatro di guerra ucraino, dove la similitudine con la lontana tragedia del
Vietnam balza alla mente immediatamente.
Bob Dylan, cantore preveggente e sempre contemporaneo, ha un grande rispetto per le
arti visive. Il suo amore per la pittura e la scultura è stato inizialmente secondario, a
fronte di un impegno musicale prorompente ed appagante. Nell’esposizione, la più
grande mai realizzata, ben otto sezioni ci accompagnano in un percorso esaustivo. Negli
anni 70 era ancora incerta la strada che avrebbe poi intrapreso. I suoi testi, raccolti in
quegli anni e accompagnati da disegni eterogenei sono spesso non corrispondenti tra di
loro, forse per scelta. Nelle sezioni relative agli anni 80 e 90 si avverte la progressione
della sua passione, probabilmente alimentata dallo studio e dalla frequentazione di
mostre e musei. Negli anni recenti, Dylan ha rivelato una maggiore personalità artistica e
tecnica. Le sue radici sono inserite nel tessuto nordamericano, iperrealista (sulle tracce
di Hopper) con spunti sociali riconducili alla quotidianità. I notturni sono densi di
immagini fioche e quasi opache, le campagne opulente e tristi. Le città, come New
Orleans e New York, sono state analizzate minuziosamente nei loro aspetti in apparenza
più banali. Gli esseri umani sono spesso assenti, per lasciare spazio a una sorta di
introspezione onirica ed evanescente dei luoghi amati. Non sempre riconosciamo in quei
dipinti il menestrello sferzante degli anni sessanta, che insieme a Joan Baez faceva
sognare la folla di Woodstock. L’uomo che ha guidato con i suoi versi cantati i giovani
che si opponevano alle guerre e al razzismo, è un pittore molto equilibrato e sereno. Ha
dipinto anche Piazza di Spagna a Roma, che deve averlo suggestionato con la sua
bellezza. Bob Dylan è uno dei giganti della cultura contemporanea e guardare i suoi
dipinti, per scoprire un lato così tenero della sua personalità, è una occasione da non
perdere.
“Retrospectrum”: l’altro volto di Dylan – MXXI Roma – aperta fino al 30 aprile 2023

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