Alcuni grandi artisti hanno impiegato la grafica, nella loro produzione, come un complemento
fondamentale. Albrecht Durer utilizzò lo strumento della stampa disegnando animali ma anche
ritratti umani con esiti mirabili; Rembrandt ha lasciato prove straordinarie di paesaggi, con
chiaroscuri impressionanti; Edward Munch, ha utilizzato la tecnica xilografica (incisione sul
legno) creando capolavori comparabili ai suoi dipinti più famosi; In Italia, Giorgio Morandi è
riuscito a creare un parallelismo qualitativo tra le acqueforti e i suoi dipinti ad olio.
L’olandese Maurits Cornelis Escher, oggetto di una retrospettiva importante a Palazzo
Bonaparte (tra le più complete mai progettate), è un caso piuttosto raro nel panorama della
Storia dell’Arte. Ha dedicato la sua intera esistenza alla tecnica incisoria. Non ne conosciamo la
vera ragione, anche se la sua mentalità fortemente razionalistica, unita ad una vera passione
per la matematica, la geometria e l’arte dell’illusione ottica, devono averlo indotto in quella
direzione. Nella preparazione di una incisione su metallo o su legno è necessaria una dedizione
assai puntigliosa, lontana dall’istinto gestuale tipico della libera espressione, spesso utilizzata
dai pittori delle avanguardie degli Anni Cinquanta e Sessanta del Novecento (l’esempio più
calzante è Pollock).
Ha scritto Ernst Gombrich, nel suo “Arte e illusione”: “In Escher la prospettiva appare corretta.
Solo quando la osserviamo da vicino ci accorgiamo che una simile struttura non può esistere
nel nostro mondo…L’artista vuole trasportarci in regni assurdi come in “Su e giù” e “Destra e
sinistra” in cui tali indicazioni hanno perduto il loro originario significato.”
Durante il suo primo viaggio in Italia, l’olandese rimase affascinato dalla bellezza dei luoghi e
dall’Arte spesso mirabilmente compenetrante nei paesaggi più suggestivi. Le 17 torri di San
Gimignano, visibili a grande distanza, sembra che lo abbiano influenzato al punto da diventare
per lui un modello nella costruzione delle sue visionarie e geometriche composizioni. Si sposò
con una giovane svizzera, che viveva nel nostro paese, e presero casa a Roma. Nel 1936,
oramai nauseato dal Fascismo, decise di trasferirsi in Svizzera. Da lì fece un viaggio in Spagna,
rimanendo colpito dall’Arte Islamica (A Granada, soprattutto) al punto da ispirarsi alle
tassellature moresche, oltre ad incrementare la sua grande passione per la cristallografia
(intesa come studio della struttura dei cristalli in natura). A Roma è visibile “ Metamorfosi II”,
pannello xilografico lungo quattro metri, che è un compendio del suo pensiero creativo, in cui è
possibile ammirare un susseguirsi di mutazioni, e ritorni acrobatici di stile. Nella mostra sono
presenti tutte le sue più conosciute opere, esposte in maniera cronologica, con un apparato
didattico di primordine. Importante anche la ricostruzione del suo studio, in cui è possibile
osservare molti degli strumenti utilizzati per preparare le incisioni: è impressionante, perché
sembra di essere nel laboratorio di un ingegnere, di un architetto e di un ottico messi insieme
piuttosto che in quello di un artista. Disse Escher: “Siete sicuri che un pavimento non possa
essere anche un soffitto? Basta vedere alcuni dei suoi numerosi capolavori per capire il senso di
una tale affermazione.
Escher – Roma – Palazzo Bonaparte (Nuovo spazio generali valore cultura).
Aperta fino al 1 aprile 2024