Nella Storia dell’Arte Moderna le icone sono fondamentali. A volte basta un accenno grafico,
una pennellata inconfondibile, persino un colore particolare ad identificare l’artista. Il pittore che
ha dato il là a questa tendenza, in modo del tutto inconsapevole è stato probabilmente Van
Gogh. Ero un adolescente quando, sbirciando i libri esposti in una bancarella, fui attratto da una
modesta pubblicazione in cui compariva la riproduzione del “Campo di grano con volo di corvi”.
Fu l’intensità di quei colori, unita allo strato materico così prorompente e suggestivo, a farmi
acquistare il mio primo libro d’arte. Basta un curioso omino stilizzato a ricordarci Keith Haring,
un angelo a forma di cometa per suggerirci i dipinti Marc Chagall, una scultura che obbedisce al
vento a farci esclamare “Calder!”, un volto colorato di Marylin Monroe a farci comprendere che
l’autore sia Andy Warhol. Quest’ultimo, ipercelebrato e conosciuto sostanzialmente per quella
inconfondibile icona, è stato anche molto altro. L’artista Pop, a metà degli Anni Sessanta,
propose tematiche meno edonistiche in linea con i movimenti rivoluzionari che attraversarono le
società democratiche dell’epoca: le sue fotografie, applicate ad una contaminazione pittorica,
mostrarono senza veli immagini della società americana in cui ancora persisteva un razzismo
esplicito e violento. Le immagini sfuocate di incidenti automobilistici catastrofici, causati da un
traffico senza controlli, dei delitti malavitosi nelle periferie delle città, sorprese i benpensanti
dell’epoca. Warhol prese anche posizione contro la pena di morte, con opere assai repellenti,
anch’esse deprecate dagli americani intransigenti e favorevoli agli omicidi di stato.
Nella mostra romana, divisa in due sezioni, una inedita e corposa selezione delle copertine
musicali eseguite da Warhol, curata da Red Ronnie. E’ curioso scoprire come un così grande
creativo sia riuscito a piegare in senso innovativo un prodotto prettamente commerciale. Ma è
indiscutibile che questo sia accaduto in ogni direzione intrapresa dall’artista, trasformando il suo
studio di New York in una fucina inesauribile di talenti e provocazioni. Nella mostra una
pregevole ricostruzione della mitica “Factory”, l’atelier che sembrò divenire l’ombelico del mondo
artistico contemporaneo. Non mancano i “ritratti” che furono dedicati non solo alla mitica attrice
prematuramente scomparsa. Visibile anche una collezione di insolite ceramiche dipinte
dall’artista. Achille Bonito Oliva, curatore della parte non musicale dell’esposizione, ha definito
Andy Warhol “Il Raffaello della società di massa quotidiana” che è sicuramente
Una azzardata provocazione. Il critico ha anche parlato di “Classicità dell’effimero”, che mi
sembra colga completamente il valore di un artista che ha sbeffeggiato la società consumistica.
Andy Warhol Universo Warhol – Roma Museo Storico della Fanteria – Aperta fino al 17 marzo 2024