A “CRIMINI E CRIMINOLOGIA” TESTIMONIANZE E RICORDI SULLA STRAGE DI CAPACI E L’ATTENTATO A FALCONE

L’attentato a Giovanni Falcone e la strage di Capaci sono stati i toccanti argomenti al centro dell’ultima puntata di “Crimini e Criminologia”, condotta da Fabio Camillacci lo scorso 28 maggio su Cusano Italia TV. Ospiti in studio: Luigi Bonaventura, collaboratore di giustizia ex ndranghetista e Giovanni Sollazzo, testimone di giustizia e vittima di usura. In collegamento, inoltre, Gennaro Panzuto, ex camorrista e collaboratore di giustizia.

Dell’attentato a Capaci ricordo silenzio. Io sono nato in un’altra organizzazione, la ndrangheta e siamo rimasti basiti dalla potenza che aveva Cosanostra. Su Via D’Amelio, invece, ebbi una percezione diversa, di sgomento anche perché essendo avvenuto in un cantiere abbiamo immaginato una tragedia ancora più grande. Eravamo preoccupati perché non avevamo mai visto una mafia stragista, è stata la prima volta che abbiamo avuto a che fare con una mafia terroristica che alzava il tiro. Questi sono stati i fatti più eclatanti in cui la mafia ha affrontato lo Stato viso a viso ma ancora prima era successo, anche se per motivi diversi, qualcosa di analogo, quando era morto il giudice Chinnici”, ha raccontato Bonaventura al padrone di casa, che ha chiesto ai suoi ospiti un ricordo sul 23 maggio 1992 e su quello che avvenne successivamente a luglio con la strage di Via D’Amelio e sulle successive stragi che hanno insanguinato l’Italia nel corso degli anni 90.

Sono state giornate tristi per l’Italia e per tutti noi, la strage di Falcone era stata eclatante anche se io penso non sia una strage di mafia ma di Stato, per la precisione usata e per i tempi in cui hanno calcolato il passaggio delle macchine” ha risposto, invece, Sollazzo aggiungendo a proposito delle talpe che hanno favorito l’organizzazione: “Il giudice Falcone viaggiava su un aereo dei servizi segreti e non si conosceva l’orario del volo, non credo che Brusca avesse la possibilità di azionare un telecomando in maniera così millimetrica. Il giudice Falcone è stato abbandonato dallo Stato nel momento in cui è stato mandato via da Palermo e, come disse Rocco Chinnici, quando sei abbandonato dallo Stato sei un uomo morto, così come fu anche per il Generale Dalla Chiesa e per il giudice Borsellino. Lo Stato cosa ha fatto per proteggere questi uomini? Dalla Chiesa finché doveva sconfiggere le Brigate Rosse ha avuto pieni poteri ma quando è stato mandato in Sicilia per sconfiggere la mafia ha avuto poteri limitati. Tutte queste situazioni lasciano un dubbio, quanta mafia c’è e quanto Stato c’è”.

Altrettanto intenso è stato il ricordo di Panzuto: “Io all’epoca ero minorenne e mi trovavo in Spagna, ero rapinatore all’estero e non ancora camorrista. Tutti erano sintonizzati su questa tragedia anche all’estero. Io sono obbligato a dire la verità e devo dire che nella mia ingenuità dell’epoca, anche se non facevo parte di contesti camorristici, avevo il pensiero malsano che fosse bello che era successo questo ad un giudice. Mi vergogno oggi di questo pensiero. Oggi rimango tanto amareggiato perché se Falcone e Borsellino fossero ancora vivi, la realtà attuale sarebbe solo un brutto ricordo”.

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